Leonardo Abyss
- Giulio Fabricatore
- Stilografiche
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La scatola nella quale questa penna viene fornita appare decisamente sobria, quasi spartana, anche se abbellita (quasi nobilitata) dall’elegante logo della casa, con le caratteristiche e beneauguranti ali spiegate. La penna risulta solo appoggiata (senza alcun fermo) in uno dei due semplici incavi rivestiti di uno scarsamente protettivo vellutino sintetico. L’altro incavo ospita un piccolo portapenna in pelle, abbastanza curato e protettivo, decorato dal logo della casa e da scritte di circostanza.
Forma ed estetica
La forma complessiva è definibile “a sigaro”, solo leggermente panciuta al centro del fusto e lievemente rastremata alle estremità.
Le caratteristiche cuspidi sul fondello e sul cappuccio (oltre alla clip con rotellina) richiamano abbastanza da vicino quelle di alcune Omas degli anni passati: penso alla “Galileo Galilei” o al celebre modello icona di OMAS “The Paragon” Vintage, disegnato da Armando Simoni nel 1931.
Confronti a parte, la penna in questione presenta una forma estremamente equilibrata e gradevole, premessa e promessa di un uso confortevole.
La consapevolezza che si tratta di un prodotto realizzato a mano, come orgogliosamente sottolinea la scritta sull’involucro esterno, ottenuta per lavorazione “da pieno” a partire da una barra di preziosa (e ormai rara) celluloide, giustifica e rafforza la rassicurante sensazione di robusta consistenza che questa penna è in grado di comunicare già al primo contatto.
La celluloide di questa penna, realizzata in una centellinata edizione limitata (questo è l’esemplare numero 60/100), può sfoggiare discreti ma eleganti cromatismi, variazioni sul tema del blu profondo, intese ad evocare le sfumature più recondite e segrete degli abissi marini, lì dove inseguono e catturano le rare sciabolate di luce per dar vita a cangianti striature: il nome sembra, perciò, del tutto pertinente, una vera delizia per gli occhi più attenti!
I decori della Abyss, tutti dorati, nello stesso colore del pennino 14K, si limitano a quelli che possiamo ritrovare sulle serie più semplici ed economiche: un paio di anelletti metallici in prossimità della bocca del cappuccio, uno alla base del fondello (destinato a comandare lo stantuffo di riempimento) e un altro a segnare il passaggio dal fusto al gruppo si scrittura.
La clip, riprendendo una soluzione decisamente vintage, è costituita da una lamina metallica (sagomata, per aumentarne la rigidità di forma) fortemente rastremata e terminata da una rotellina intesa a favorire l’inserimento sui tessuti più disparati. Decisamente apprezzabile la soluzione adottata per l’applicazione/inserimento della clip, in una fessura (con un taglio assolutamente netto e pulito) praticata nel cappuccio: il risultato è, ancora una volta, impeccabile.
Il fusto è terminato da un fondello solidale con l’alberino dello stantuffo di riempimento dell’inchiostro.
A tal proposito va segnalata (con un certo rammarico) la mancanza di una sempre comoda “ink window”, per tenere sott’occhio lo stato del serbatoio. Sono incline a giustificare questa assenza con la scelta di non interferire con l’omogeneità stilistica di un fusto così preziosamente elegante pur nella sua assoluta sobrietà.
Una menzione particolare e ben meritata va all’altissimo grado di finitura dell’intera penna, ben degno di un prodotto di alto pregio: riesce a dare il suo bravo contributo alla tangibile sensazione di classe che l’oggetto è in grado di comunicare.
La consapevolezza della raffinata originalità cromatica (vero elemento identitario) di questa celluloide mi ha indotto (quasi costretto) a inserire una immagine (poco consueta) che riproduce la penna adagiata su una classica mira di colore (un Color Checker della X-Rite): lo scopo è quello di favorire una resa cromatica possibilmente corretta, se non assolutamente fedele, sui monitor più disparati (meglio se accuratamente calibrati...), capace di rendere giustizia a questo pregevole materiale.
Comodità d’uso
Come accennavo prima, rigirarsi tra le mani questa penna trasmette immediatamente un’impressione di rassicurante consistenza (merito del materiale e degli spessori) senza la penalizzazione di un peso eccessivo.
Le dimensioni sono confortevolmente “medie”; può essere, perciò, impugnata ed impiegata dalla maggior parte delle mani anche senza cappuccio calzato; la presenza del cappuccio in coda procura, d’altra parte, uno sbilanciamento avvertibile ma non al punto da generare affaticamente nel corso di sedute di scrittura lunghe; il baricentro cade comunque sempre nell’arco fra pollice ed indice, stabile e sicuro. Il diametro tendenzialmente generoso contribuisce ad una presa priva di incertezze, confermata da una sezione non troppo lunga ma ben sagomata e opportunamente rastremata verso il pennino: il dito indice vi trova agevolmente il suo punto d’appoggio. La filettatura per la chiusura del cappuccio si trova abbastanza in alto e le sue cuspidi poco aguzze non interferiscono con il comfort dell’indice.
Il cappuccio si apre in meno di un giro (appena 340 gradi circa!...), prestazione destinata ad essere molto apprezzata, come al solito, da chi scrive “a tratti”, con continue e frequenti aperture e chiusure. La facile e rapida apertura consiglia, tuttavia, qualche precauzione, assicurandosi sempre che il cappuccio sia sicuramente avvitato, ad evitare intempestive aperture e sgradevoli spandimenti di inchiostro. L’accuratezza realizzativa delle filettature riesce ad evitare qualunque gioco o incertezza di impegno.
La clip, tanto lodata per il suo montaggio, si presenta tendenzialmente piuttosto dura da flettere: la rotellina finale offre, perciò, un aiuto apprezzabile per infilare la penna nella maggior parte dei tessuti, purché non troppo spessi.
La penna viene alimentata attraverso uno stantuffo dalla corsa particolarmente corta: in mancanza di informazioni dettagliate in merito posso (oso?...) immaginare un meccanismo di tipo “differenziale”, del genere che correda alcune penne Pelikan (???). La mancanza di una “ink window” costringe ad una certa prudenza riguardo all’autonomia residua: a vantaggio di chi prevede consistenti maratone scrittorie “fuori sede” sono oggi disponibili comodi, pratici e minuscoli calamai da viaggio, preziosi proprio in questo tipo di circostanza.
Il gruppo pennino
Il pennino, di buone dimensioni (un #6) è in oro 14K, di produzione germanica (Bock o Jowo, a seconda delle fonti...) ed è la classica ciliegina sulla torta, contribuendo in maniera decisiva al successo di questo “attrezzo”, come puntualmente confermato dalla prova di scrittura.
L’estetica è rigorosa, direi minimalista: la superficie superiore, lucida a specchio, riporta, nell’ordine, dall’alto in basso, sotto il foro di sfiato, solo le scritte LEONARDO e OFFICINA ITALIANA (su due righe), le due eleganti ali spiegate del logo, più in basso la larghezza del pennino, <F> in questo caso e, per finire, l’indicazione canonica del titolo dell’oro: 14K - 585.
Il lettering è molto elegante e inciso piuttosto in profondità, al punto da lasciare intravedere un fondo finemente “sabbiato”, capace di rimandare interessanti riflessi.
L’utilizzo dell’oro quale materiale strutturale del pennino induce a ripetere le solite raccomandazioni: sarà pure ben resistente ad inchiostri piuttosto aggressivi (penso al pericoloso pH = 1,02 del Rohrer & Klingner Salix o Scabiosa!...), ma la sua intrinseca plasticità costringe a una certa prudenza, evitando pressioni che ne provocherebbero una ...triste deformazione permanente dei rebbî.
L’ottimo alimentatore in ebanite esibisce una forma “piatta” piuttosto caratteristica, chiaramente mutuata da quella di alcune penne OMAS di qualche decennio fa; svolge in maniera impeccabile il suo compito, aiutato anche dalle pregevoli qualità dell’inchiostro utilizzato.
Il gruppo pennino è infilato a pressione nella sezione e non è facilmente asportabile, per eventuali sostituzioni del pennino. Non è certamente troppo complicato ma chi avesse intenzione di cimentarsi in questa operazione dovrebbe prestare attenzione ad esercitare uno sforzo rigorosamente assiale, evitando componenti flessionali che potrebbero provocare la rottura dell’alimentatore.
Fatte queste doverose premese, veniamo alla prova di scrittura, i cui risultati possono essere anticipati in una sintesi brevissima: una prestazione di assoluto rilievo. Lapenna è stata caricata (per graziosa iniziativa della inarrestabile Laura - Goldpen) con il prezioso Yama-Budo (ま ぶど = monte Budo) della Iroshizuku, dalla affascinante intonazione “vinaccia”: un degno compagno per una penna di classe! La carta usata per la prova è l’ormai solita Fabriano Ecoqua.
Appena si appoggia la penna sul foglio si avverte subito una sensazione di totale “facilità”: la traccia si dipana continua e costante dal pennino <F> anche con una pressione molto limitata e tale rimane anche col modestissimo peso proprio applicato al pennino; chi prevede di usare questa penna in lunghe sedute di scrittura non potrà che condividere la mia gioia nell’uso di una penna così “comoda”. La larghezza della traccia è inusualmente sottile per un pennino europeo (germanico, per la precisione): la larghezza di questo <F> compete quasi alla pari con un onesto <F> orientale.
L’inchiostrazione è sempre più che adeguata, segno evidente dell’ottimo lavoro svolto dall’alimentatore. Anche lasciando il pennino “aperto” per alcuni minuti la ripresa della scrittura avviene senza salti o incertezze. Ad una velocità di scrittura normale il feedback è presente ma mai fastidioso; tende ad aumentare, sibilando un po’, quando si tracciano lunghe linee veloci, ma resta comunque entro limiti accettabili.
Il reverse writing è realmente praticabile ma, in fondo, di utilità discutibile: produce una traccia dallo spessore poco inferiore a quella “normale” e con un aumento davvero modesto del feedback.
Le pregevoli doti di scrittura di questa penna mi hanno indotto a estendere la prova su comune carta da fotocopie: pur tenendo conto dei limiti della carta (una Navigator da 80 g/m2, nel caso specifico) i risultati si sono confermati estremamente positivi, per merito anche di un pennino <F> relativamente “parsimonioso”.
Consapevole delle caratteristiche peculiari del pennino, dai rebbî particolarmente lunghi e “slanciati”, ho voluto cimentarne le doti di flessibilità per cercare di ottenere significative variazioni di spessore. Non si tratta certamente di un pennino “flex” in senso proprio ma, con un controllo prudente della pressione, si riesce a fare aprire i rebbî fino ad ottenere uno spessore circa triplo di quello “normale” e senza alcun segno di “railroading”: un risultato davvero interessante!
Credo sia piuttosto difficile trovare una penna che, come questa, scriva così affidabilmente e piacevolmente già “out of the box”: sarà pure merito dell’accoppiata inchiostro-carta particolarmente felice, ma i risultati complessivi rimangono di assoluto rilievo, una piena conferma del valore delle scelte operate dal giovane ma già così prestigioso marchio italiano.
La celluloide usata per questa penna, la forma classica e la mancanza di decori vistosi sono tutti elementi che danno il loro contributo ad un aspetto capace di occultare classe e valore in un’aria di sobrio understatement: anche l’occhio più esperto e smaliziato avrà non poche difficoltà a rivelarne la reale natura. Una freccia in più all’arco di quanti amano godersi in assoluto relax questo bellissimo strumento di scrittura senza inutili complicazioni (o rischi) derivanti da una popolarità inopportuna.
Il godimento di chi impugna e utilizza la Abyss è tutto intimo: deriva, in ugual misura, dalla consapevolezza delle sue preogative “materiali”, dalle sue indiscutibili ma sobrie valenze estetiche e dalla rassicurante affidabilità delle sue prestazioni sul campo (pardon: ...sul foglio)! Il prezzo di questa penna (690 €) è certamente molto alto ma va commisurato alla qualità dei materiali (la preziosa, raffinata celluloide e il pregevole pennino in oro), al livello (altissimo) delle lavorazioni e delle finiture e, last but not least, a prestazioni senza compromessi. Se si considera tutto ciò e si aggiunge la serie limitata a soli 100 esemplari (non è essenziale ma...), allora la prospettiva cambia, e il rapporto prestazioni/prezzo diventa decisamente più ragionevole. Resta solo il problema, non proprio insignificante, della reale disponibilità economica ad un esborso simile: per fortuna degli appassionati competenti, Leonardo Officina Italiana produce penne meno “uniche”, meno pregiate ma con ottime capacità di scrittura ...a prezzi decisamente più accessibili.
Buona scrittura. Buon divertimento.
[marzo 2019]
pubblicato sul sito www.ilpennofilo.it
Il confronto tra la Leonardo “Abyss” (in basso), la piccola Pelikan M205 (al centro) e la Lamy AL Star (in alto) indica la Abyss come una penna di dimensioni “medie”, sia con cappuccio sia senza.
PROVA DI SCRITTURA
LEONARDO OFFICINA ITALIANA “Abyss” <F>
Inchiostro: Iroshizuku Yama Budo
Carta: Puntinato FABRIANO Ecoqua
NB: il righello che compare nella scansione del foglio ha lo scopo di consentire una valutazine dimensionalmente corretta dei risultati (spessori), che risulterebbero falsati da una riproduzione che non fosse in scala 1:1.
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