Sheaffer Grand Connaisseur
- Giulio Fabricatore
- Stilografiche
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Un po’ di storia
Nel 1986 la Sheaffer introdusse un modello in resina, denominata “Classic” e inizialmente prodotta solo in nero, che rappresentava un tributo alle penne Sheaffer “flat top” (ad estremità tronche) del 1920: l’enfasi speciale a questo preciso riferimento temporale è testimoniata dall’incisione della cifra sul pennino stesso.
Una versione “ammiraglia” della Connaisseur fu realizzata negli stabilimenti inglesi della Sheaffer, inizialmente indicata come “la collezione europea”, e distribuita nel primo anno proprio in Europa.
In seguito la produzione fu trasferita negli USA e l’intera serie delle penne prodotte venne allora indicata come la “Grand Connaisseur”.
Questa serie era costituita sostanzialmente da quattro modelli: Tortoiseshell Laque (= lacca tartarugata), Black Laque (= lacca nera), Gold Plated (= dorata) e Sterling Silver (= argento silver); ciascuna era dotata di un prestigioso pennino bicolore.
La Sheaffer inglese ha prodotto una versione speciale in lacca della Grand Connaisseur, la Blue Ronce Laque, che però non è mai stata inserita in alcun catalogo: si dice che sia stata prodotta in soli 10 set, ciò che l’ha resa una delle Connaisseur più rare e ricercate.
La penna che mi accingo a descrivere e provare è un bellissimo esemplare che ha costituito il (graditissimo e apprezzatissimo) regalo di mio padre (!!!...) per il mio, ormai lontano, cinquantesimo compleanno, oltre un quarto di secolo fa...
Forma ed estetica
La Grand Connaisseur presenta una forma sostanzialmente cilindrica, priva di qualsiasi rastrematura: il diametro del cappuccio è di circa 14,5 mm, quello del fusto è di 12 mm.
Le estremità “tronche” evitano la durezza di un taglio troppo netto con una lieve ma apprezzabile bombatura, quasi identica alla coda del fusto e in cima al cappuccio, decorate entrambe da un anelletto dorato, discreto ma stilisticamente efficace nel dare un po’ di luce ad una penna che per il resto appare sobria quasi fino alla severità.
In corrispondenza della bocca del cappuccio troviamo altri due decori dorati: un anello più sottile (identico a quelli “di estremità”) e, qualche millimetro piu, un anello di ampiezza quasi doppia (poco più di 3 mm) che ospita le uniche due indicazioni presenti: sulla parte anteriore (sotto la clip) una piccola scritta, profondamente incisa in un ricercato corsivo di tipo “manoscritto”, riporta il nome della casa (Sheaffer) mentre sulla parte opposta viene indicato, nello stesso stile, il luogo di produzione (England). Nessuna indicazione del modello o di quant’altro potrebbe aiutare chi, dopo anni o decenni, voglia riferire questa penna ad una classificazione storica o materiale.
La clip è quella solita per una numerosa serie di Sheaffer: un elemento metallico (solidamente fissato alla parte alta del cappuccio) che scende (rastremandosi vistosamente) fino ad una sferetta terminale che, al di là della gradevole valenza estetica, dovrebbe anche contribuire a una più sicura tenuta. Nei circa 6 millimetri fra l’attacco della clip e l’anelletto metallico del cappuccio trova posto il tradizionale (ma non sempre presente) “punto bianco” della casa.
A penna chiusa l’insieme comunica una rassicurante sensazione di solida sobrietà, quasi a confermare che si tratta di un attrezzo serio e affidabile, senza concessione alcuna a passeggere inclinazioni stilistiche. E, in effetti, a riprenderla in mano dopo tanti anni devo ammettere che l’impressione è la stessa che mi era rimasta viva nel ricordo di tanti anni fa: una penna seria per chi intende scrivere sul serio...
Svitando il cappuccio si accede alla vista del bellissimo pennino e si possono ammirare alcuni altri discreti decori: un paio di anelletti dorati a delimitare la sezione e uno, appena un po’ più largo, a marcare la parte terminale del fusto. con la sua filettatura.
Estremamente pregevole la robustissima struttura in acciaio satinato della parte posteriore del gruppo di scrittura, quella nella quale va ad innestarsi il converter.
Una curiosità interessante: la parte terminale del gruppo di scrittura (il cilindro nel quale si innesta il converter) reca inciso un numero di serie identificativo, in questo caso 90035; un altro gruppo di scrittura della stessa penna (che ho come riserva) reca invece il numero 01809, a confermare che si tratta di numeri individuali unici.
Comodità d’uso
Lunghezza e diametri (del fusto e della sezione), assolutamente nella media, consentono una impugnatura comoda e sicura, anche per mani relativamente grandi. Il peso non è trascurabile, poco meno di 40 grammi: da una parte è indice di una solida sostanza (alla quale dà il suo bravo contributo anche il converter a struttura metallica), dall’altra induce ad evitare (se possibile) un uso con cappuccio calzato
che produrrebbe un sensibile sbilanciamento posteriore con una apprezzabile sensazione di appesantimento sull’arco pollice-indice.
La sezione, in particolare, non presenta una rastrematura eccessiva (appena un millimetro circa) ma presenta un’estensione tale da favorire un appoggio sempre adeguato (= rilassato) alle dita impegnate anche nel caso di lunghe sedute di scrittura.
Il cappuccio si disimpegna in circa un giro completo, a favorire un uso rapido, certamente molto apprezzato da chi scrive “ad intermittenza”, con apri-e-chiudi continui (come quando prendi appunti a una conferenza o a lezione...).
La filettatura presente sul fusto si trova abbastanza più in alto della sezione e le sue cuspidi sono abbastanza smusse da non arrecare alcun fastidio alle dita qualunque sia la loro posizione di impugnatura. L’ottima precisione realizzativa delle filettature garantisce un impegno sicuro ed immediato, senza giochi o incertezze.
La clip risulta decisamente poco elastica, fino a lasciar prevedere qualche difficoltà di inserimento sui tessuti puù spessi.
Un esame accurato conferma una costruzione robusta e accurata di qualunque dettaglio, senza compromessi su materiali e proporzioni: si giustifica così la gratificante sensazione complessiva che si prova nel constatare che tutte le pregevoli caratteristiche si sono conservate inalterate dopo quasi 30 anni!
Il gruppo pennino
Rappresenta senza dubbio la parte più interessante (direi meglio: affascinante) di questa vecchia penna.
In assoluta evidenza il grande (ma non grandissimo, forse un #5?) pennino ad ala: i fianchi piuttosto ripiegati sull’alimentatore contribuiscono a dare alla sua forma raccolta un aspetto poco appariscente. Decori e scritte si conformano alla regola generale di assoluta sobrietà. L’unico “vezzo” è la superficie bicolore: una fascia superiore bianca (rodiata?) occupa circa un quarto della superficie disponibile accompagnando il profilo superiore con un andamento a V rovesciata, la cui concavità si “appoggia” poco sopra il grazioso foro di sfiato a forma di cuore. La fascia bianca non si spinge fino al bordo estremo ma lascia un sottile margine dello stesso giallo oro dell’intero pennino.
Due semplici, quasi elementari, volute ornano e ingentiliscono questa fascia, delimitata (o, piuttosto, evidenziata) da delicate ma evidenti insioni a forma di lungo tralcio con nodino finale: una soluzione davvero discreta ed elegante, adatta a chi sa di non aver bisogno di ostentare! Subito sotto la fascia bianca trovano posto le poche scritte presenti su tre righe: in alto, incorniciato in semplici archetti, campeggia l’incisione col nome della casa in un chiaro lettering maiuscolo. Sulla seconda riga, in caratteri più piccoli, è riportato il numero 1920 che ripropone la data fatidica della penna della quale questa rappresenta ricordo e tributo.
L’ultima riga è infine occupata da una “informazione di servizio” relativo al titolo dell’oro impiegato: 18K 750. Manca, purtroppo, qualunque indicazione relativa alla “larghezza” della punta: sulla base della prova di utilizzazione direi che si tratta di un <M> “moderato”, quasi un <F> germanico, se proprio non si può fare a meno di queste classificazioni che continuano a conservare aspetti di fantasiosa e arbitraria casualità! Venendo a quel che conta, basta cominciare a tracciare i primi segni per venire conquistati dalla scorrevolezza di questa penna, capace di tener dietro alle intenzioni senza alcuno sforzo, con una pressione ridottissima, quasi seguendo solo il filo dei pensieri e dell’intenzione: un vero, profondo piacere!
Per la prova di scrittura ho utilizzato il Diamnine Majestic Blue, che col suo blu di classe, fresco e mai noioso, sembra il compagno ideale per questa anziana ed elegante ”signora”! Per la carta di supporto mi sono tenuto fedele al solito, affidabile puntinato Fabriano Ecoqua. Messa alla prova “su carta” la vecchia Sheaffer ostenta subito la sua inossidabile classe: “complice” certamente anche l’ottimo inchiostro, il bel pennino, un onesto <M>, affida con disinvoltura alla carta una traccia regolare, senza false partenze o salti, in ogni condizione. La pressione richiesta è davvero molto modesta: il tratto si conserva ancora regolare e senza interruzioni anche sotto l’azione del proprio solo peso!
Il feedback è sostanzialmente nullo; diventa appena percepibile solo nel tracciamento veloce di linee lunghe: davvero difficile immaginare qualcosa di meglio. Un aumento “ragionevole” della pressione (attenzione alle deformazioni permanenti del duttile oro 18K!...) produce un allargamento piuttosto limitato della traccia: la conformazione del pennino (con i fianchi ampiamente ripiegati sul feeder) contribuisce a conferire una complessiva “rigidità di forma”: questo non è un pennino flessibile, per evitare danni (e tardivi pentimenti) andrebbe usato come “rigido”, accontentandosi di quello (non poco...) che “può dare”.
La scrittura a pennino invertito (reverse writing) produce un tratto consistentemente più sottile (quasi un <EF> orientale) con un apprezzabile aumento del feedback: una modalità utilizzabile quando se ne presenti l’opportunità/necessità ma con qualche limitazione in termini di “confort”!
In sintesi estrema, si tratta di un gruppo di scrittura che riesce a competere in maniera estremamente dignitosa con gli esemplari più moderni e tecnologici: e non è poco!
Considerazioni strutturali e prestazione “sul campo” confermano questa penna come uno strumento di scrittura davvero intramontabile, che non lascia spazio ad alcuna riserva: tiene testa in modo saldo alle migliori penne moderne. Procurarsene un esemplare (in buone condizioni di efficienza) significa garantirsi lunghi anni di gratificante esperienza di scrittura, senza dubbi o ripensamenti. Per gli autentici intenditori che non rincorrono le novità a tutti costi, è una vera, preziosa delizia fuori dal tempo!
Buona scrittura. Buon divertimento.
[PS: vista una Connaisseur su ebay a $150 (= € 132,20) in marzo 2019]
[marzo 2019]
pubblicato sul sito www.ilpennofilo.it
Il confronto tra la Sheaffer Grand Connaisseur (in basso), la “piccola” TWSBI Eco (al centro) e la Lamy Al-Star (in alto) conferma come questa Sheaffer sia in fondo una penna di dimensioni “medie”, sia con cappuccio sia senza.
PROVA DI SCRITTURA
SHEAFFER Grand Connaisseur <M>
Inchiostro: Diamine Majestic Blue Carta: Puntinato FABRIANO Ecoqua
NB: il righello che compare nella scansione del foglio ha lo scopo di consentire una valutazine dimensionalmente corretta dei risultati (spessori), falsati da una riproduzione che non sia in scala 1:1.
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