Conklin Duragraph Anniversary
- Giulio Fabricatore
- Stilografiche
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Un po’ di storia
La fondazione ufficiale della Conklin è collocata nel 1898 ma il suo fondatore, Roy Conklin, operava nel settore delle penne stilografiche già dal 1891. Il successo dell’azienda può essere attribuito in maniera significativa all’invenzione del sistema di caricamento noto come Crescent Filler, il primo meccanismo di caricamento automatico realmente funzionale: un semianello sporgente all’esterno della penna consente di comprimere, mediante una barretta metallica alla quale è solidale, un serbatoio in gomma; rilasciando il semianello la depressione derivante provoca una aspirazione che determina il riempimento del serbatoio. Un apposito (non proprio gradevole) anello di protezione previene l’azionamento accidentale del dispositivo di caricamento.
Dopo un periodo abbastanza lungo di successi commerciali, l’azienda, vittima di una incapacità di rinnovarsi e rimanere competitiva, andò incontro a un graduale declino, fino alla definitiva cessazione dell’attività produttiva, intorno al 1948.
Come era già accaduto per altri marchi storici, Conklin fu ricostituita nel 2000 ed attualmente opera sul mercato come Conklin Pen Co. Inc., dedicandosi alla produzione di penne che sono, in buona sostanza, delle repliche di modelli di successo degli anni d’oro. Nel 2019 la casa americana si ripropone all’attenzione degli appassionati (di penne e anniversari...) festeggiando i suoi 120 anni con una penna “compleanno” specificamente dedicata all’evento.
Confezioni ed accessori
Nonostante il prezzo relativamente limitato di questa penna (circa 85 €, a febbraio 2019), la Conklin ha voluto sottolineare il suo valore di rituale testimone celebrativo a partire dalla stessa confezione, una scatola di dimensioni più che generose e di forma (sfettata) decisamente inconsueta, direi quasi “impegnativa”, per ospitare la penna dell’anniversario, che, seppure di prezzo assolutamente abbordabile, condivide con altre più ricercate e costose il fatto di essere stata prodotta in un numero limitato di esemplari, 1898, per la precisione, un numero che coincide con quello dell’anno di fondazione. E la cosa davvero simpatica è che con poco più di una ottantina di euro ci si porta a casa una penna che, caratteristiche tecniche a parte, reclama la propria assoluta singolarità con il proprio numero di serie scritto a mano sulla scatola esterna (Number 1361 of 1898,) e inciso sul fusto (1361/1898) per il mio esemplare.
La confezione è poi completata da una boccetta da 30 cc di inchiostro Conklin, pure esso celebrativo (120th Anniversary Blue Ink): un gradito omaggio, comunque... Non si può che esprimere apprezzamento per lo sforzo (ben riuscito) di dare una veste più che dignitosa a uno strumento di scrittura di costo molto contenuto: ho visto penne dal costo molto superiore consegnate in confezioni quasi “umilianti”!
Forma ed estetica
Merita riferire, anzitutto, quanto dichiarato dalla stessa Conklin in uno dei due cartoncini descrittivi contenuti nella confezione: “la penna è fatta a mano utilizzando un resina di qualità le cui sfumature blu contrastano con la tonalità in oro rosa dei suoi decori”.
L’estetica di questa penna, sia per la forma complessiva sia per il materiale impiegato, costituisce un evidente richiamo al modello “vintage” del quale intende proporsi come una sorta di replica, secondo la politica generale seguita dalla “nuova” Conklin. La Duragraph fu lanciata nel 1923 e in breve arrivò ad essere considerata la penna “definitiva”! D’altra parte lo stesso nome fu il risultato di una fusione lessicale “colta”: “dura” da <durable> (durevole) e “graph” dal greco <grafo>, ovvero “scrivo”: una vera e propria orgogliosa enunciazione di affidabile durevolezza!
La versione “moderna” della Duragraph è stata introdotta in occasione del 91mo anniversario del vecchio modello; questa, celebrativa dell’anniversario, pennino a parte, ne costituisce una copia fedele.
La resina utilizzata è di un colore blu elettrico profondo, arricchita tuttavia da “scaglie” e pagliuzze che propongono intringanti sfumature, con variazioni cromatiche che aspettano solo la luce giusta per mettersi in evidenza. Non sono in grado di fare previsioni su resistenza e durata di questo materiale ma devo proprio ammettere di essere rimasto catturato dal suo fascino tendenzialmente tenebroso: proprio una riuscita rivisitazione dell’originale vintage!
In perfetta analogia con la Conklin Duragraph, fusto e cappuccio presentano una geometria quasi perfettamente cilindrica, ad estremità tronche; il cappuccio è terminato da un corto top, nella stessa resina,che provvede a fissare l’anello metallico al quale è solidale la clip. La superficie superiore di questo top, del tutto piatta, reca un’incisione con il nome della casa, completata, subito sotto, dalla orgogliosa dichiarazione dell’anno di nascita dell’azienda: est. 1998 (fondata nel 1998)! La clip, dalla forma equilibrata e terminata “a goccia”, dà il suo contributo all’aspetto vintage della penna.
Anche il fusto viene terminato da un fondello “cieco”, piatto, nella stessa bella resina blu screziata. Gli unici motivi decorativi sono rappresentati dai due sottili anelli metallici (in corrispondenza del top e del fondello) e da una veretta, larga circa 4 millimetri, posta poco sopra la bocca del cappuccio.
La veretta ospita il nome della casa sulla parte frontale mentre quella posteriore reca la scritta calligrafica Duragraph inserita fra due gruppi simmetrici di falce di luna (“crescent”): il lettering (in nero) è abbastanza curato ma, a causa dei riflessi del metallo lucido, non è detto che si riescano a vedere con chiarezza le scritte.
Il fusto ospita una incisione “personalizzata” che, su tre righe, ricorda il nome della penna (DURAFLEX ANNIVERSARY) sulla prima, il carattere di edizione limitata (Limited Edition) sulla seconda e il numero dell’esemplare, sulla terza; 1361/1898, in questo caso.
Comodità d’uso
Il cappuccio si apre in poco di due giri e mezzo: una prestazione non proprio fulminea che finirà per offrire qualche ... piccola pausa di riflessione a chi scrive “a intervalli”. L’accuratezza realizzativa delle filettature vale a prevenire qualunque gioco o incertezza di impegno; le cuspidi della filettatura a ridosso della sezione sono inoltre abbastanza smusse da evitare qualsiasi fastidio alle dita che impugnano la penna.
A differenza del vecchio modello, questa moderna versione della Duragraph può essere alimentata con una cartuccia standard o (molto meglio...) con l’utile converter in dotazione, onesto ed affidabile e, soprattutto, non semplicemente applicato a pressione ma solidamente avvitato alla sezione, a garantire un ragionevole margine di sicurezza verso eventuali e sempre temuti spandimenti di inchiostro.
Le dimensioni della Duraflex consentono un uso abbastanza comodo anche senza cappuccio calzato, anche per mani medio-grandi. Il peso è decisamente modesto e non incide in maniera apprezzabile sul confort di scrittura, anche in occasione di sedute prolungate; la sezione è piuttosto corta ma abbastanza comoda da offrire una presa sicura.
Per una banale questione di diametri e per la presenza dell’anello posteriore sporgente, il cappuccio in posizione calzata non può essere infilato oltre il fondello: il cappuccio rimane così saldamente applicato ma “abbraccia” solo un paio di centimetri del fondello aggiungendo una lunghezza davvero eccessiva alla penna, che diventa anche sensibilmente sbilanciata verso dietro.
La clip ha un comportamento molto rigido e la “goccia” terminale non agevola l’inserimento in un taschino, di qualunque stoffa: non sembra facilmente utilizzabile.
Il gruppo pennino
Il pennino, in acciaio dorato, costituisce la vera peculiarità di quest penna: definito “flessibile” nello stesso cartoncino Conklin, presenta inoltre una forma del tutto particolare, intesa, CONKLIN DURAFLEX ANNIVERSARY <FLEX> Lunghezza (chiusa) 140 mm Lunghezza aperta 125 mm circa Lunghezza col cappuccio calzato 176 mm circa Diametro del fusto 12,3 - 12,5 mm Diametro della sezione 9,5 - 10,8 mm Peso totale (vuota) 26 g Peso cappuccio 10 g si può immaginare, proprio a favorire la flessibilità.
Come si può vedere dalle immagini, presenta due profonde sfettature laterali che finiscono per dare alla parte laterale del pennino l’aspetto di una specie di rostri. In questa configurazione, infatti, si dovrebbe conseguire (almeno in linea teorica...) un aumento della flessibilità mediante: 1) una riduzione della sezione di metallo impegnata nella risposta alla pressione, 2) una riduzione della rigidezza “di forma” associata alla curvatura dei “fianchi”.
Il taglio della parte anteriore va, come al solito, dalla punta dei rebbî ad un foro di sfiato dalla gradevole forma a cuore.
Subito sotto troviamo, in bella evidenza, la scrita FLEX, seguita dal marchio Conklin (inscritto nella tradizionale ellisse) e dall’indicazione del luogo di produzione, Toledo, USA. Sia l’incisione sia il lettering appaiono piuttosto curati.
Lodevole la rinuncia a qualunque decoro (tralci, volute o svolazzi...) che sarebbero apparsi piuttosto fuori luogo.
Nel complesso, prestazioni “operative” a parte, questo pennino si presenta come il risultato di un progetto stilistico molto ben riuscito, piuttosto personale, essenziale e ben equilibrato, assecondato da un alimentatore dalla forma del tutto adeguata.
Ma veniamo al sodo, cioè a come scrive.
Per una sorta di omaggio cromatico all’intonazione un pò ramata dell’oro rosa dei decori, ho scelto di caricare il converter con un collaudatissimo Diamine Ancient copper (= rame antico), sempre ricco di intriganti sfumature. Per la carta ho continuato ad usare il fidato puntinato Fabriano Ecoqua.
Appena messo su carta, il pennino ha però subito evidenziato qualche difficoltà: un tratto davvero molto sottile, che tendeva a diventare evanescente. Un aumento della pressione, costringendo gli elastici rebbî ad allargarsi, aveva come effetto una traccia più consistente ma al prezzo di un modo di scrivere alquanto “scomodo”.
L’osservazione delle punte con un forte ingrandimento ha permesso di verificare che erano troppo strette e leggermente disallineate. Ho potuto così rimediare in maniera rapida e abbastanza efficace ricorrendo a qualche piccolo (e non pericoloso) espediente correttivo.
Nonostante questo intervento di emergenza il tratto appariva davvero troppo esile: a pressione ridotta (verso “zero pressure”) diventava evanescente. Inoltre si segnalavano false partenze e salti, che tendevano a ridursi solo esercitando una certa pressione.
Bastava poi tracciare 4 o 5 tratti più larghi per ritrovarsi a corto di inchiostro: evidente la responsabilità di un alimentatore piutosto avaro.
Ho allora deciso di cambiare inchiostro, optando per il fascinoso Noodler’s Ottoman Azure, ma con risultati altrettanto deludenti.
A questo punto ho adottato una strategia “preventiva” di tipo radicale: ho sottoposto la penna a una serie di profondi lavaggi, utilizzando prima detersivi comuni e infine un detergente specifico della Herbin. Sei minuti circa di bagno ad ultrasuoni ha concluso l’intero trattamento. Ho cambiato di nuovo inchiostro, optando per un consolidato Herbin, Lie de Thé, la cui delicata intonazione avrebbe sicuramente evidenziato una eventuale irregolarità di funzionamento: che è quello che ha puntualmente fatto...
Altro cambio, questa volta a favore del collaudatissimo Pelikan 4001 nero: ancora niente da fare.
Dopo qualche altro aggiustamento delle punte (ancora leggermente disallineate) sono infine approdato al Diamine Kensington Blue: certamente bellissimo ma, quel che conta, sembrava andare a genio a questo schizzinoso gruppo di scrittura. Che fatica! e che perseveranza!
Il risultato è quello che si può vedere nella prova di scrittura:
1. a pressione ridotta (mano leggera) la traccia, pur mantenendosi abbastanza regolare, resta decisamente esile ed è afflitta da occasionali false partenze e salti;
2. aumentando la pressione la scrittura diventa (almeno per me...) meno confortevole ma la traccia si stabilizza e si diradano false partenze e salti;
3. aumentando ancora la pressione (di un bel po’...) la traccia si allarga, sì, ma ben presto tende a svuotarsi per l’insorgere di vistosi e persistenti fenomeni di “rail roading” (= binari).
Dopo tutti i trattamenti e i cambi di inchiostro, sembrerebbe che il principale accusato rimanga l’alimentatore: appare decisamente troppo “asciutto”, incapace di fornire il flusso richiesto, anche solo occasionalmente, da un pennino come questo, progettato per gratificare la vista con volute, svolazzi e ghirigori di generosa complessità...
Il feedback è abbastanza limitato su diversi tipi di carta: non è necessario usare una Rhodia o Clairefontaine per prendere appunti a lezione..., il pennino esibisce un comportamento abbastanza omogeneo su molti tipi di supporto.
La scrittura rapida o nervosa non è penalizzata da uno scadimento delle prestazioni.
Il reverse writing è sgradevolmente “ruvido” e produce un tratto davvero troppo esile ed incerto: sostanzialmente non utilizzabile.
In sintesi estrema si conferma la necessità di una procedura che andrebbe, comunque, adottata per TUTTE (o quasi...) le penne, facendo precedere l’utilizzo effettivo da una fase di accurata pulizia, se non altro per evitare di trovarsi a giudicare il comportamento sulla base di premesse viziate da un problema (magari semplice) all’origine.
A chi può piacere certamente questa penna? a chi ama scrivere sottile o sottilissimo e preveda di cimentarsi, solo occasionalmente, con le complicate delizie della calligrafia, ove la variazione degli spessori costituisce elemento stilistico importante. Per tutti gli altri utilizzatori “normali” il tratto è davvero troppo sottile.
La Conklin Duraflex Anniversary si conferma strumento di scrittura intrigante, reso più interessante da un costo abbastanza accessibile: di sicuro non passa inosservato ed è capace di solleticare il senso estetico di chi la impugna e la usa, con l’aggiunta dello “sfizio” di possedere un oggetto a tiratura limitata. Ma è purtroppo impossibile ignorare i tanti problemi evidenziati: davvero un peccato, un’occasione mancata; con la speranza che gli altri 1897 esemplari siano del tutto OK!...
Buona scrittura. Buon divertimento.
[febbraio 2019]
[pubblicato in www.ilpennofilo.it]
Il confronto tra la Conklin Duraflex Anniversary (in basso), la piccola Pelikan M205 (al centro) e la Lamy Al Star (in alto) indica la Conklin come una penna di dimensioni “medie”, sia con cappuccio sia senza.
PROVA DI SCRITTURA
CONKLIN DURAFLEX ANNIVERSARY <Omniflex>
Inchiostro: Diamine Kensington Blue Carta: Puntinato FABRIANO Ecoqua
NB: il righello che compare nella scansione del foglio ha lo scopo di consentire una valutazine dimensionalmente corretta dei risultati (spessori), falsati da una riproduzione che non sia in scala 1:1.
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